
Claudia Pasqualotto
Educatrice
Entrare a scuola e trasformare la classe per qualche ora in una piccola officina creativa è ogni volta un’esperienza diversa, viva.
Durante un appuntamento di laboratorio, gli spazi si riempiono di strumenti, materiali e soprattutto di curiosità. L’aspetto della classe muta, si trasforma anche la disposizione dei banchi, si sfruttano forme circolari per permettere a tutti di poter intervenire ed essere ascoltati allo stesso tempo.
Che si tratti di falegnameria, serigrafia, fotografia o cinema, ogni attività prende forma attorno a una dimensione pratica e concreta, capace di parlare un linguaggio diverso ma perfettamente comprensibile al gruppo classe.
I partecipanti sono studenti di diverse età e indirizzi, spesso coinvolti in un percorso scolastico che fatica a valorizzarne tutte le potenzialità. In questi contesti, invece, si aprono nuove possibilità: il laboratorio diventa uno spazio in cui mettersi alla prova senza il peso del giudizio, dove imparare facendo e, soprattutto, imparare a riconoscere se stessi. Attraverso il lavoro manuale e la sperimentazione artistica, gli studenti acquisiscono competenze pratiche – dall’uso degli attrezzi alla progettazione visiva – ma anche competenze trasversali: la capacità di collaborare, comunicare, prendere decisioni, portare a termine un compito. Un passo importante anche in ottica di orientamento, perché sperimentare significa anche iniziare a intuire cosa fa per sé, e cosa no.
In alcune officine, l’approccio STEM si intreccia con le attività artistiche e manuali, dando vita a percorsi in cui creatività e competenze tecnico-scientifiche si alimentano a vicenda. La costruzione di un oggetto in legno, la realizzazione di una stampa serigrafica o l’allestimento di una scena fotografica diventano occasioni per applicare in modo concreto nozioni di geometria, fisica, matematica, tecnologia. Si lavora sulle misure, si progettano strutture, si sperimentano materiali e reazioni, si riflette su forme, tempi e procedimenti. In questo modo, le discipline STEM escono dai libri e si mettono al servizio di un processo creativo che rende l’apprendimento più vicino, più comprensibile, più motivante. Anche chi ha difficoltà con l’astrazione può riconoscere il senso di ciò che studia, perché ne vede l’uso, l’effetto, la trasformazione reale.
La relazione con la scuola e con gli insegnanti è un aspetto centrale. Il laboratorio non è un corpo estraneo, ma un’estensione del lavoro educativo. Gli educatori entrano in classe come figure complementari, in dialogo con i docenti: insieme si costruisce un clima di fiducia, si intercettano i bisogni, si accompagnano i ragazzi nel percorso. La collaborazione è fluida e concreta: si condividono obiettivi educativi, si osserva insieme, si costruiscono alleanze.










Un servizio come questo raggiunge obiettivi significativi. Prima di tutto, restituisce motivazione e fiducia ai ragazzi. Permette loro di esprimersi in modi nuovi, di scoprire abilità che a volte nemmeno sapevano di avere. Favorisce l’inclusione, la partecipazione attiva, e in molti casi migliora anche il clima di classe. È un intervento che lascia tracce – nei gesti, nei lavori finiti, nelle parole dette con più sicurezza.
Per questo entrare a scuola è fondamentale. Non come ospiti temporanei, ma come parte di un progetto educativo condiviso. Le scuole oggi hanno bisogno di spazi alternativi, di strumenti per accendere la motivazione e riattivare il desiderio di imparare. I laboratori sono esattamente questo: officine di senso, dove le mani insegnano alla testa, e dove la relazione fa la differenza.
L’OFFICINA DELLE COMPETENZE di Hermete è una proposta per la SCUOLA PRIMARIA E SECONDARIA DI I GRADO.