Annalisa Fasani
Psicologa, educatrice, esperta in Disturbi Specifici dell'Apprendimento
Interventi educativi precoci su bambini che presentano difficoltà specifiche di apprendimento possono migliorarne lo sviluppo cognitivo, emotivo e sociale?
Svolgo il lavoro di educatrice ormai da molti anni e, nella mia esperienza quotidiana, spesso ho incontrato bambini e ragazzi con difficoltà di apprendimento, sia diagnosticate che non.
Il mio progetto di tesi nasce proprio da queste esperienze, che mi hanno fatto riflettere sulla necessità di uno spazio dove strutturare interventi specifici a supporto di questi bambini e ragazzi, che sperimentano continuamente situazioni frustranti di fallimento e fatica e che se non seguiti e riconosciuti rischiano di sviluppare una bassa autostima e uno scarso senso di efficacia che possono portare a isolamento, senso di impotenza e abbandono scolastico, con conseguenze importanti sulla loro futura vita da adulti.
Secondo gli studi più recenti, i disturbi specifici dell’apprendimento riguardano circa il 3-5 % della popolazione scolastica italiana (senza contare i casi non diagnosticati e i cosiddetti Bes, cioè minori con bisogni educativi speciali). Possiamo quindi affermare che in media ci sono uno o due alunni per classe che presentano queste difficoltà.
Gli apprendimenti scolastici richiedono sin dalle prime classi l’integrazione di numerose funzioni cognitive e percettivo-motorie e in alcuni casi le difficoltà scolastiche riguardano proprio una compromissione di queste aree e non una scarsa applicazione da parte dello studente, come spesso si è invece portati a pensare.
Tali disturbi rappresentano inoltre fattore di rischio primario per la dispersione scolastica e complessivamente possono incidere sul benessere della persona, comportando non solo uno svantaggio scolastico, ma anche ripercussioni sullo sviluppo psicologico, emotivo e sociale del bambino, con conseguente perdita di autostima, scarsa percezione di autoefficacia e della motivazione a studiare. Studi recenti sostengono infatti che circa l’80 % di questi soggetti presenta anche disturbi sociali e della sfera affettivo-emotiva.
Cogliere e agire precocemente per compensare questi aspetti è fondamentale, non solo dal punto di vista scolastico, ma anche educativo, per aiutare il minore a mettere in atto strategie adeguate per prevenire e/o limitare gli effetti negativi di tali difficoltà sul proprio futuro sviluppo psicosociale.
Partendo da questi presupposti sono arrivata alla conclusione che creare un luogo di riferimento, accoglienza e supporto educativo e scolastico per questi bambini e ragazzi e le rispettive famiglie, nonché lavorare in sinergia con la scuola e i servizi territoriali, possa limitare l’impatto futuro di questo disagio.
Il progetto si pone la finalità di affrontare i disturbi dell’apprendimento da un punto di vista non prettamente scolastico, per quanto importante, ma anche attraverso nuove modalità e strategie educative, lavorando sia in individuale che in gruppo, attraverso l’utilizzo del gioco e di altri strumenti educativi, che permettano al ragazzo di sperimentare esperienze positive e che favoriscano lo sviluppo di nuove capacità e maggior autonomia.
Metodo di lavoro
Secondo la prospettiva biopsicosociale (Pasqualotto L., Appunti dalle lezioni “Principi teorico-pratici dell’educazione inclusiva”, Università di Verona, Corso intensivo di qualifica professionale per Educatori socio-pedagogici, 2018/2019), il benessere della persona dipende dall’interazione positiva tra tutte le sfere della vita (salute fisica, psicologica e relazioni sociali). Per questo motivo è, secondo me, fondamentale lavorare con i bambini che presentano difficoltà di apprendimento (specifiche e non) sotto diversi punti di vista, non solo prettamente scolastici.
Le linee guida alla legge 170 del 2010 recitano così : “ Nei confronti degli alunni con DSA si dovrebbe procedere con attività di rinforzo e fornire strategie di studio personalizzate, facendo attenzione ad assumere atteggiamenti incoraggianti, evitando di incrementare l’ansia e gratificando anche i minimi risultati degli alunni con difficoltà, senza che questi vengano mai allontanati dai compagni o dai lavori del gruppo classe”, questo secondo un’ottica d’inclusione per cui tutti gli alunni hanno diritto all’educazione e al rispetto, indipendentemente dalle difficoltà e differenze personali.
L’ educazione inclusiva infatti consiste nell’aiutare il minore ad ottenere il miglior funzionamento possibile e a manifestare le proprie capacità e differenze, che vanno intese come ricchezza da valorizzare e non come mancanza.
Inoltre, la legge 170/2010, indica anche quali strumenti didattico-educativi e quali strade il ragazzo con DSA e la sua famiglia possono seguire per ottenere il meglio possibile da questa situazione.
Partendo da questi presupposti il progetto prevede quindi principalmente tre tipi di intervento: individuale e di gruppo (per i ragazzi) e di consulenza per i genitori.
Nello specifico si intende aiutare i ragazzi a trovare strategie utili e personali che possano sostenerli nel carico di lavoro scolastico, ma anche aiutare il minore, e la sua famiglia, ad accettare e comprendere le proprie difficoltà in modo tale che vengano inglobate nella propria personalità e non abbia timore ad utilizzare gli strumenti compensativi e dispensativi necessari a migliorare il proprio apprendimento e a sviluppare interazioni positive col gruppo dei pari, favorendo così anche un miglior sviluppo sociale, affettivo ed emotivo (oltre che cognitivo).
Per quanto riguarda le famiglie invece si offrono consulenza e orientamento ai genitori per indirizzarli sui diritti dei loro figli, sulla normativa vigente ed eventualmente verso eventuali percorsi terapeutici da intraprendere.
OSSERVAZIONI CONCLUSIVE
Per concludere mi sento di affermare l’importanza del fatto che i Disturbi Specifici dell’Apprendimento vadano diagnosticati precocemente e in modo accurato per essere così sottoposti ad interventi mirati e specifici, che possano ridurne l’impatto negativo sul futuro sviluppo psicologico, emotivo e sociale del ragazzo.
Posto nelle condizioni di attenuare e/o compensare il disturbo, infatti, il soggetto può raggiungere gli obiettivi di apprendimento previsti e sviluppare una maggior autostima ed un miglior senso si autoefficacia, che gli permetteranno di vivere al meglio tutti gli ambiti della propria vita. A parità di abilità gli studenti con maggior autoefficacia in effetti adottano strategie più efficaci ed adeguate alla risoluzione dei problemi, anche della vita quotidiana, affrontano le difficoltà con minor esitazione e raggiungono risultati personali migliori rispetto a chi ha una bassa autoefficacia (Bandura, 1997; Bouffard-Bouscard, 1991; Parent e Larivee, 1991).
Se noi educatori aiutiamo in maniera adeguata questi ragazzi, per ciò che riguarda gli apprendimenti e non solo (mi riferisco anche alla sfera relazionale, sociale ed emotiva), favoriamo in loro una crescita psicosociale positiva che andrà ad influire sulla qualità della loro vita in generale. L’obiettivo più importante dell’istruzione dovrebbe consistere nell’equipaggiare gli studenti con gli strumenti intellettuali, le convinzioni di autoefficacia e gli interessi intrinsechi necessari per educare sé stessi in una varietà di imprese nel corso della loro vita (Bandura, 2001). Risorse personali come queste rendono i ragazzi capaci di acquisire nuove conoscenze e di coltivare abilità importanti per se stessi e per migliorare la propria vita.
Per questo è fondamentale la presenza e l’accoglienza di questi soggetti in un ambiente inclusivo, che favorisca il benessere totale della persona in tutti gli ambiti della vita (prospettiva biopsicosociale) (Pasqualotto L., Appunti dalle lezioni “Principi teorico-pratici dell’educazione inclusiva”, Università di Verona, Corso intensivo di qualifica professionale per Educatori socio-pedagogici, 2018/2019).
È quindi importante per questi bambini e ragazzi sentirsi valorizzati, ascoltati, dando loro attenzione e credito, in modo tale che sviluppino l’idea di potercela fare, perché anche loro valgono. A tal proposito fondamentali sono la comunicazione e la sperimentazione di esperienze positive che li aiuti a sviluppare maggior autostima, autoefficacia e consapevolezza di sé.
Anche le relazioni sociali sono influenzate da ciò, per cui gli interventi educativi con bambini e ragazzi con disturbi e difficoltà di apprendimento, risultano utili anche per migliorare l’adattamento sociale, affettivo e cognitivo del soggetto e prevenire così lo sviluppo di comportamenti disadattati, antisociali o altro.
Occorre quindi lavorare sulle potenzialità della persona e per fare questo sono necessarie conoscenza e competenza da parte di tutti coloro che sono responsabili dello sviluppo del bambino. Soprattutto è indispensabile la giusta dose di sensibilità per comprendere quanto dolore può nascondersi dietro un atteggiamento di ostilità e di chiusura o dietro un comportamento provocatorio e non stigmatizzare il bambino come “diverso”, segnandone così il futuro.
L’accettazione e il cambiamento non sono facili e prevedono un percorso lungo e faticoso, ma per questi ragazzi è possibile trovare un equilibrio, soprattutto se tutti coloro che se ne occupano lavorano nella stessa direzione.
Mi sento quindi di concludere affermando che interventi educativi precoci su bambini con Disturbi Specifici dell’Apprendimento possono favorire e migliorarne lo sviluppo non solo cognitivo e relativo agli apprendimenti, ma anche emotivo, psicologico e sociale.
Estratto dall’elaborato “AUTOEFFICACIA, AUTOSTIMA E ANSIA IN BAMBINI CON DISTURBI DELL’APPRENDIMENTO”, scritto dalla dottoressa Annalisa Fasani, psicologa, educatrice, esperta in Disturbi Specifici dell’Apprendimento.
Per contatti: annalisafasani@hermete.it