Una sala, delle poltrone, uno schermo e un proiettore. Questo basta per fare un cinema.
Ultimamente il mio sguardo sul cinema è diventato strano, come se fosse un’arte diversa dalle altre.
Non so spiegarmelo, è come se le immagini mi dessero fastidio, le inquadrature non fossero mai
sufficientemente esplicative, se non ci fosse alcun senso dietro quello schermo. Non ci trovavo più
nulla dentro, come se il cinema non mi parlasse più, non mi dicesse più niente. Per molto tempo è
durato questo mio apparente rifiuto. Apparente perché non è possibile isolarsi in modo definitivo
dalle immagini, in quanto la nostra società è a tutti gli effetti una società delle immagini e il flusso
con cui esse si palesano ai nostri occhi è sfuggevole, morboso e spesso amorfo. Non so dire come
sia cominciata la mia collaborazione con il progetto Cineforma, ma questo non mi deve spaventare.
Credo nessuno infatti, sia in grado di spiegarsi l’intreccio della complessità delle cause dietro agli
eventi che chiamiamo vita. Eppure, l’essere seduto lì, su quel tavolo, a prendere decisioni con gli
altri, a scegliere film, date, a organizzare qualcosa più grande di me, ha lasciato sicuramente una
traccia. È proprio grazie a queste ultime esperienze che, nel corso delle proiezioni e dei mesi, sono
tornato a ricordarmi che alla fine l’arte cinematografica è, per l’appunto, un’arte. Ogni arte è sempre
creata e fruita dalle persone, ne consegue che la dimensione politica è connaturata all’arte stessa. In particolare, il momento in cui il cinema diventa atto politico, in cui emerge la dimensione
partecipativa del cinema, quando l’opera diviene pubblica, è sublimato dall’istante un cui lo
schermo si illumina, si anima. Il cinema in quanto arte stimola l’emotività, la quale, a sua volta è il
risultato dei vissuti di ognuno di noi. Tutti, di conseguenza, portano in sala il loro punto di vista, la
loro sensibilità, arricchendo la luce che viene riflessa dallo schermo. A testimoniare che in fondo un
senso c’è, forse anche più di uno. Un insieme di colori, alcuni accesi, brillanti, altri un po’ più
spenti, alcuni più chiari e vivaci, altri più cupi e neri, ma che nel complesso tutti contribuiscono a
creare un’unica immagine, un’unica forma. Forse, inconsciamente, è questo il concetto emerso per
Cineforma. Una sala, delle poltrone, uno schermo, un proiettore ma, soprattutto, le persone. Questo
basta per fare un cineforum.
Ultimamente il mio sguardo sul cinema è diventato strano, come se fosse un’arte diversa dalle altre.
Non so spiegarmelo, è come se le immagini mi dessero fastidio, le inquadrature non fossero mai
sufficientemente esplicative, se non ci fosse alcun senso dietro quello schermo. Non ci trovavo più
nulla dentro, come se il cinema non mi parlasse più, non mi dicesse più niente. Per molto tempo è
durato questo mio apparente rifiuto. Apparente perché non è possibile isolarsi in modo definitivo
dalle immagini, in quanto la nostra società è a tutti gli effetti una società delle immagini e il flusso
con cui esse si palesano ai nostri occhi è sfuggevole, morboso e spesso amorfo. Non so dire come
sia cominciata la mia collaborazione con il progetto Cineforma, ma questo non mi deve spaventare.
Credo nessuno infatti, sia in grado di spiegarsi l’intreccio della complessità delle cause dietro agli
eventi che chiamiamo vita. Eppure, l’essere seduto lì, su quel tavolo, a prendere decisioni con gli
altri, a scegliere film, date, a organizzare qualcosa più grande di me, ha lasciato sicuramente una
traccia. È proprio grazie a queste ultime esperienze che, nel corso delle proiezioni e dei mesi, sono
tornato a ricordarmi che alla fine l’arte cinematografica è, per l’appunto, un’arte. Ogni arte è sempre
creata e fruita dalle persone, ne consegue che la dimensione politica è connaturata all’arte stessa. In particolare, il momento in cui il cinema diventa atto politico, in cui emerge la dimensione
partecipativa del cinema, quando l’opera diviene pubblica, è sublimato dall’istante un cui lo
schermo si illumina, si anima. Il cinema in quanto arte stimola l’emotività, la quale, a sua volta è il
risultato dei vissuti di ognuno di noi. Tutti, di conseguenza, portano in sala il loro punto di vista, la
loro sensibilità, arricchendo la luce che viene riflessa dallo schermo. A testimoniare che in fondo un
senso c’è, forse anche più di uno. Un insieme di colori, alcuni accesi, brillanti, altri un po’ più
spenti, alcuni più chiari e vivaci, altri più cupi e neri, ma che nel complesso tutti contribuiscono a
creare un’unica immagine, un’unica forma. Forse, inconsciamente, è questo il concetto emerso per
Cineforma. Una sala, delle poltrone, uno schermo, un proiettore ma, soprattutto, le persone. Questo
basta per fare un cineforum.